cucino in giardino

sentieri golosi tra fiori e verdure e piccoli assaggi di cultura del giardino...perché l'appetito vien mangiando

giovedì, marzo 29, 2007

brividi e tarassaco

Ieri pomeriggio sono andato a rilevare un giardino a Renon, all’Assunta per precisione, un posto un po’ magico un po’ stregato, di quelli che piacciono a me.

E’ un luogo splendido, con una concentrazione staordinaria di case signorili, alcune antiche, altre più recenti, tutte perfettamente in ordine, ma che non ho mai avuto il piacere di vedere aperte.

Anche i giardini, semplici, eleganti, con alberi secolari, sono sempre curati e impeccabili, ma non si vede mai nessuno passeggiarvi.

E sì che ci sono stato parecchie volte all’Assunta, e in ogni periodo dell’anno !

Alcune case fanno immediatamente pensare agli Addams, altre a “the others”.

Solo un paio di “residenze” sono regolarmente abitate e i personaggi che ci abitano sono da romanzo (ad esempio una canuta contessa attorniata da cavalli e cani, sulla quale tutto il paese

inventa storie stravaganti, un allevatore di lama – che pare di essere sulle ande…), insomma proprio un posticino interessante!

Proprio vicino al giardino che dovevo misurare, c’è un bel bosco di faggi con una strana costruzione, che noi chiamiamo l’osservatorio.

Una specie di padiglione ottagonale, su alti pilastri in muratura, ora ristrutturato e recintato, ma fino a qualche anno fa accessibile e, all’interno del padiglione, tutto affrescato, con mio fratello abbiamo trovato solo una sedia e un tavolino, coperti di polvere e vecchissimi vetrini da microscopio, con le etichette bordate di blu e scritte in latino, e apparentemente “sezioni di cervello???”o forse cavolo? da brivido!

E non è finita qui! Nel bosco, vicino all’”osservatorio”, alla fine di un viale di giganteschi faggi c’è un monumento funebre ad una “moglie esemplare e madre tenerissima”, mi sono sempre augurato fosse solo un monumento e non una tomba; un tempietto neoclassico, all’interno di un cerchio di faggi secolari, un po’ in rovina, tutto coperto dalle foglie croccanti dei faggi, con un bel bassorilievo in marmo, da far invidia a Bram Stocker.

Bene, l’altro pomeriggio, misura e rimisura sono arrivate le sette e ho dovuto attraversare il bosco tutto solo soletto, e, nonostante ci fosse ancora una bella luce calda, che accendeva le eriche violette e i crochi candidi sotto i faggi, la Daphne spandesse il suo profumo un po’ velenoso e le primule, scappate ai giardini, mi facessero l’occhiolino, io, come dire, ho allungato un po’ il passo!

Ma la gola è stata più forte della sghega ( sghibbia, strizza, chiamatela come volete).

All’uscita del bosco, in un grande prato inclinato, il mio sguardo si è posato sulle tenere rosette dei denti di leone, freschi freschi dalla nevicata dei giorni scorsi, e armato di coltellino, mi sono messo a raccoglierli.

Il Taraxacum officinale, tarassaco o dente di leone lo conosciamo un po’ tutti, e sappiamo quante buone proprietà depurative possieda , ma è anche molto saporito se si apprezzano i sapori un po’ amari.

Io ci ho fatto un bel

RISOTTO CON TARASSACO, SENAPE E CAROTE

Ho soffritto uno scalogno , una punta d’aglio, e un cucchiaino di semi di senape gialla in olio evo, ci ho aggiunto il riso (un buon vialone), ho fatto tostare un pochino, poi ho aggiunto un bel po’ di tarassaco tritato e ho lasciato soffriggere alcuni minuti, sempre rimestando. Ho aggiunto una carota a piccoli cubetti per bilanciare l’amarognolo del radicchio, una manciata di capperi dissalati e un paio di mestolate di brodo vegetale bollente e ho tirato la cottura un po’ all’onda, come piace a me. Nel frattempo ho saltato in padella il restante tarassaco con olio evo e uno spicchio d’aglio, giusto per ammorbidirlo un pochino. Ho servito il risotto con il radicchio e una manciata di semi di girasole e mi sono gustato il piatto amarognolo, saluti golosi cat

mercoledì, marzo 28, 2007

magnolia stellata

Oggi solo alcune immagini di Magnolia stellata, gli ultimi fiori ancora in boccio e presentabili, prima di trasformarsi in orridi carciofi lessi, marrone scuro! Le magnolie sono belle, poverine, ma appena sfioriscono diventano inguardabili e anche il tappeto di petali alla base delle piante, che di solito mi piace più della fioritura (c'ho l'animo dark che vi devo dire?!) diventa una poltiglia marrone e scivolosa, da togliere immediatamente, prima che rovini l'erbeta fresca fresca. Per dirla tutta, le magnolie, le stellata in particolare, sono piante dalla fioritura veramente effimera, e anche l'aspetto estivo non è dei migliori. A me piacciono in vaso, hanno un aspetto veramente "giappo-zen"; giocano la loro parte da protagoniste e poi spariscono (nel senso che il vaso viene spostato!), così rimane il ricordo e il desiderio della loro fioritura, i petali brillano al sole, coperti da una patina che le fa assomigliare a conchiglie, ad anemoni marini, e poi profumano deliziosamente....ecco, insomma, mi piacciono ma devo fare forza su tutto lo zen che riesco a pescare nel mio carattere per non incacchiarmi per aver aspettato un anno la fioritura, che svanisce in meno di una settimana! pianta raccomandata ai caratteri meditativi! saluti, oggi poco golosi ( yogut a pranzo e pasta al tonno per cena non mi sebrano degne di attenzione - ma sto lavorando per voi, ahh se sto lavorando!) cat

martedì, marzo 20, 2007

non mi conosco più fuori!

Ma dico siamo impazziti? abbiamo appena sistemato all'esterno tutte le nostre brave piantuzze e arriva una simile nevicata? Ieri pomeriggio tutta una corsa per sistemare nuovamente in serra le più delicate, arrivate fresche fresche dalla toscana (povere chissà che stordimento!). Fa freddo, i ciliegi in fiore e le magnolie non rendono con lo sfondo bianco, e ho già messo via il giaccone pesante, uffa!! Non ci capisco più niente! (come nel titolo, da libera traduzione del sudtirolese: i kenne mi' nie mer ausi) Mattop va' che bravo ti posto una ricettuzza senza formaggio!
CORNETTI DI FILLOPASTA ROMANESCO E OLIVE
Avevo lì la solita fillopasta, stavolta l'ho avvolta ai cannoli di metallo, l'ho pennellata col burro e l'ho infornata per pochi minuti a forno caldissimo. Ho preso un broccolo romanesco e l'ho lessato con poca acqua in pentola a pressione, poi ne ho fatto una cremina, aggiungendo olio evo, piccole olive di gaeta sminuzzate, un'acciughina, il succo di uno spicchio d'aglio, un po' di sale e un po' di peperoncino. Ho riempito i cornetti e me li sono pappati caldi, croccantissimi, in barba al freddo! saluti freddolosi cat

sabato, marzo 17, 2007

queste bellezze si che mi piacciono!

Che bellezza, è tutto l’inverno che ci passo davanti ogni mattina, immaginandola fiorita e, ieri, distrattamente, con la coda dell’occhio, mi sono accorto che era in piena fioritura.

Ho parcheggiato alla carlona (ero anche in ritardo!!) sono salito sopra un autocarro parcheggiato sotto la bellezza – non potevo mica fare le foto con lo zoom! (sotto lo sguardo incredulo più che incacchiato dell’imbianchino-proprietario che stava dipingendo le imposte della casa vicina) e ho cominciato a fare fotografie.

Le Clematis armandii sono le mie piante rampicanti preferite (forse le quasi-preferite, tra clematis e caprifoglio è una bella lotta!), hanno tutto quello che ad una pianta si possa chiedere: foglie bellissime, lanceolate, sempreverdi, lucide; fiori fantastici, esagerati, di una bellezza pura, profumati, sono belle e in ordine tutto l’anno, ma non noiose come l’edera, e raggiungono, in qualche anno, altezze vertiginose.

Hanno fama di essere piante delicate, ma vi assicuro che anche a BZ, e con il freddo dello scorso anno, non hanno subito alcun danno. Si prestano ad essere coltivate anche in grandi vasi sul balcone, amano i terreni leggeri e ricchi di humus, ma hanno bisogno di parecchia acqua, mai stagnante; crescono bene al sole ma si adattano perfettamente anche a posizioni luminose ma non soleggiate.

La varietà che più mi piace è quella rosata, la Clematis armandii “Apple Blossom”, con i 4 petali appuntiti e sfumati di rosa. Il suo profumo è molto intenso, specialmente con il sole, e odora di miele di acacia, leggero e fresco.

Davanti alla finestra dello studio abbiamo piantato una Clematis armandii “Snowdrift”, con i fiori più grandi, ma più magrolini, bianco puro, con al centro il ciuffo degli stami giallo limone, e dal profumo intenso di miele di castagno, con un sentore amarognolo.

In questi giorni non resisto, alla pausa caffè, esco e me la vado a sniffare un pochino.

Tutte queste fioriture mi hanno fatto venire voglia di primavera e, al mercato, ho visto un cestone di fave fresche che mi chiamava insistentemente, in freezer avevo da un po’ della pasta fillo e allora, vai di

COPPETTE DI FILLOPASTA CON SPUMA DI CAPRINO E FAVE

Ho scongelato la fillopasta, ho staccato i singoli fogli (è bellissima da maneggiare, i fogli di pasta sembrano quei fogli di carta traslucida che separavano le fotografie nei vecchi album dei miei nonni, me ne ricordo uno in particolare, con una stampa a ragnatele, e con tanto di ragno!).

Ho spennellato ogni foglio con del burro fuso, ho tagliato dei quadrotti e li ho sistemati, a due a due, nelle formine da tartellette, via in forno caldissimo per pochi minuti! (ocio che passano dal color miele al color carbone in pochi secondi),

Ho sformato le “coppette” e le ho lasciate raffreddare.

Nel frattempo ho “montato” con il frustino un caprino fresco con una bella cucchiaiata di pecorino romano grattugiato e un goccio di olio evo e ho sbucciato alcune fave, anche dalla seconda pelle.

Ho riempito le croccantissime vaschette con la crema di caprino, ho sistemato alcune favette fresche, ho spolverizzato di pepe di mulinello, le ho fotografate e, finalmente, me le sono sgranocchiate! Saluti golosi cat

venerdì, marzo 09, 2007

algida bellezza

Fiori perfetti, simmetrici, colori sgargianti, fioritura copiosa, esagerata, eppure, c’è qualcosa che mi rende le camelie antipatiche ed altezzose: non hanno profumo!

Forse è solo un vezzo personale ma, se chiudo gli occhi e penso ad un fiore, la prima cosa che mi viene in mente è il suo profumo. Il godimento nell’osservare una camelia in giardino, secondo me, è lo stesso che si può avere osservando le modelle delle riviste patinate, bellissime, perfette, ma vuoi mettere poter sentire il profumo della pelle o dei capelli?

Tutta ‘sta bellezza e perfezione messa in bella mostra, ma basta un giorno di pioggia per cancellare dai ricordi i fantastici fiori, anzi per renderli inguardabili, specialmente quelli dai colori delicati.

Sinceramente preferisco i fiori un po’ più selvatici, ma con più carattere!

Tra tutte le camelie però, c’è una specie che mi è particolarmente simpatica, è la Camelia sasanqua, dai fori semplici o semi-doppi, e dal leggero profumo vanigliato e fresco, tra la cipria e la buccia di limone. Non ha fiori giganteschi e pieni di petali come le cugina nobile Camelia japonica, ma a suo vantaggio ha il profumo e il periodo di fioritura, che, a volte, “parte” in tardo autunno, per poi continuare in primavera, dopo un periodo di sosta per i freddi invernali.

Secondo me le camelie sono veramente difficili da inserire in un giardino, o si hanno a disposizione grandi spazi dove ricreare veri e propri boschetti (come nelle loro foreste natie in estremo oriente), o è meglio coltivarle in vaso, dove il loro aspetto sempre un po’ impettito e composto, rende al meglio.

In vivaio abbiamo questo grande esemplare di bonsai di C. sasanqua, che ha toccato da poco il picco di massima fioritura.

I primi giorni la guardavo con sospetto, tutta agghindata nella sua coiffure perfetta, con quell’aria così elegantemente orientale; poi due terribili giorni di vento, con il quale ha danzato furiosa e ho scoperto il suo lato selvaggio, che mi ha fatto innamorare: tutta spettinata, aveva sparso i petali in tutto il giardino, e quella pioggia di petali rosa, una nevicata impazzita sulla ghiaia grigia, sulle aiuole ancora in riposo e sulla vasca d’acqua, ha reso il giardino molto più interessante della composta fioritura un po’ noiosa.

E ora piccolo resoconto di festa di compleanno: piccolo mostro nik compie 8 anni e allora

TORTA DI CIOCCOLATO E MANDORLE PRALINATA

Dose doppia per una tortiera di 36-38 cm di diametro.

Mi è sempre piaciuto fare le torte per il compleanno, anzi, più sono complicate e più mi attizzano!

Questa non è così difficile, ho fatto fondere al microonde (lo so che sono pieno di contraddizioni e che se mangio macrobiotico non dovrei mangiare le torte e che se mangio bio non dovrei usare il microonde e che se mi dichiaro vegetariano non mi dovrei pappare lo speck, ma sono fatto così!) 250 g di cioccolato fondente e 250 gr di cioccolato al latte, con 10 cucchiai di acqua (ocio, al minimo della potenza per alcuni minuti!).

Quando la cioccolata si è squagliata ho amalgamato l’acqua con una frusta e ho aggiunto, uno alla volta, 10 tuorli d’uovo. Poi ho aggiunto 500 gr di zucchero e 250 g di burro morbido, e ho montato finchè non ho ottenuto una soffice crema vaporosa. A questo punto ho aggiunto , un po’ alla volta, con un cucchiaio di metallo, 150 g di farina setacciata e 250 g di mandorle finemente macinate. Per ultimo ho aggiunto le chiare montate a neve durissima, con un bel pizzico di sale. Ho imburrato la teglia e ho rivestito il fondo con cartaforno, ho imburrato anche la cartaforno e ho colato l’impasto, livellandolo col cucchiaio in cerchi concentrici, lasciando al centro una depressione, per evitare l’effetto “montarozzo”. In gorno caldo per un ora piena a 180°.

Ho fatto raffreddare la base, l’ho tagliata in tre strati con l’aiuto di un coltellazzo seghettato e di filo di cotone, ho imbevuto gli strati con uno sciroppo di zucchero a cui ho aggiunto del liquore di albicocca, ho farcito con generose spatolate di marmellata di albicocche, ho ricomposto la torta e l’ho rivestita con una glassa di cioccolato fondente e nougat, fatti fondere al microonde con un cucchiaio di margarina. Ho rifinito il bordo con mandorle tritate e la superficie della torta con del cacao amaro.

Dopodiché è entrato in cicina nik tuto seccato ricordandomi che gli avevo promesso la torta di frutta (ops lo avevo dimenticato, ma la promessa era stata fatta il compleanno precedente!) e allora …vai anche di

TORTA ALLA FRUTTA INVERNALE.

Sempre dose doppia, per fortuna al compleanno c’erano 14 bambini con i relativi genitori!!

Ho fatto una pasta margherita montando bene 10 tuorli con 400 g di zucchero semolato, un cucchiaino di vaniglia naturale in polvere e 6 cucchiai di acqua. Poi ho aggiunto le chiare montate a neve fermissima, con un bel pizzico di sale, mescolando delicatamente con un cucchiaione di metallo, tagliando l’impasto senza troppi rimescolamenti. Per ultimo ho aggiunto, un po’ alla volta, 180 g di fecola e 180 g di farina di riso setacciate, alternandole a 180 g di burro fuso, e la scorza grattata di ½ limone. Nella teglia imburrata e rivestita come sopra per 40 ‘ in forno caldo a 180°.

Ho rovesciato la base, l’ho spalmata abondantemente di marmellata di ribes e l’ho ricoperta con ananas al naturale, fette di banana e arancia (cavolo! Non avevo previsto un dolce alla frutta, almeno uno scenografico kiwi o un cestino di fragole me li sarei procurati, ma la domenica a BZ è tutto chiuso!), Ho lucidato con la gelatina (avevo finito anche l’agar agar!) e ho messo in frigo per alcune ore.

Entrambe le torte sono state spazzolate, saluti golosi cat

sabato, marzo 03, 2007

fiori con la acca

Fino a questa mattina, le Hamamelis, le avevo sempre un po’ snobbate.

Per me erano semplicemente i fiori che mi facevano guadagnare 20 punti al giochino: nomi-città-cose-fiori-animali, quando capitava la malefica H (appassionato già da piccolo alla botanica!).

Anzi, mi stavano anche un po’ antipatiche, e mi chiedevo come mai i cataloghi dei vivaisti tedeschi avessero così tante varietà?

Nei giardini italiani ne ho viste gran poche, e, soprattutto, non mi è mai capitato di vederle fiorite.

Lo scorso anno ne ho ordinate alcune per un cliente appassionato di Hamamelis (boh?, mi sono detto, ognuno c’ha le sue passioni!).

Il cliente non è mai venuto a ritirare le Hamamelis, che sono rimaste al loro posto fino ad oggi, e per fortuna!!.

Questa mattina, col bel tempo, ho finalmente fatto qualcosa in vivaio, fuori dall’ufficio! E, mentre lavoravo sono stato avvolto da un profumo intenso e familiare.

Ma che profumo è, ma di cosa “sa”? chiedevo ai giardinieri che già mi guardavano male, data la nomea che mi sono fatto anche al lavoro di “folle odoratore di odori e i profumi più strani”.

Mi sono concentrato, ho chiuso gli occhi, ho messo in funzione i ricordi e…: ma questo è profumo di pastiera napoletana!

Ve lo giuro, la specie di Hamamelis che abbiamo in vivaio: Hamamelis x intermedia “Westerstede”, oltre a fiorire molto in ritardo rispetto alle altre specie, profuma di pastiera napoletana!, non di acqua di fiori d’arancio né di cannella, ma proprio di pastiera!

Anche i fiori sono simpatici – non mi spingo fino al “belli” – sembrano striscioline di carta spiegazzata, e l’effetto d’insieme della pianta non è male in questo periodo di voglia di colore.

Le Hamamelis hanno però bisogno di terreno acido e torboso, forse per questo non sono tanto gradite nei giardini delle nostre parti, ma se proprio avete l’angolino adatto, e vi piace la pastiera napoletana non potrete farne a meno.

Qui ci sarebbe stata a pennello la ricetta della pastiera, ma non è ancora Pasqua!

E allora una torta salata!

TORTINO DI BIETE-ERBETTE E RICOTTA AFFUMICATA CON LA PASTA DI CUOCHETTA

Buonissima la pasta di cuochetta, un’ottima alternativa alla pasta sfoglia, sempre troppo burrosa.

Io ho preparato la versione integrale, impastando ½ bicchiere di vino bianco secco, con ½ bicchiere d’olio evo, un pizzicone di sale e farina semi-integrale quanta ne ha assorbito (mi sa che erano circa 300 g). Ho lavorato per bene finchè la pasta non è risultata elastica, l’ ho avvolta nella pellicola e messa in frigo.

Nel frattempo ho tritato nel mixer le biete-erbette che avevo surgelato, le ho saltate in padella con poco olio e uno scalogno tritato, ho aggiunto una mezza ricottina affumicata sbriciolata, una mezza ricotta di pecora fresca (la ricotta non la pecora!) un pugno di pane integrale grattato, un uovo, sale paprica piccantina e un paio di cucchiai di grana grattugiato.

Ho steso la pasta non troppo sottile, ho farcito lasciando scoperto il lato superiore, ho infornato a forno caldo a 180° e ho lasciato cuocere per 20-30’.

Era molto gustosa ma la prossima volta metto un po’ meno ricotta affumicata, il suo gusto deciso ha coperto un po’ troppo il gusto delicato delle erbette, la crosta però era davvero ottima, grazie cuochetta, saluti golosi cat.