pausa croata
Questa volta sono davvero tornato!
L’occasione era ghiottissima: ancora una settimana di mare, con i pupi e la nostra zia-sitter, mrs.bee, poverina (seee, una settimana intera senza marito e figli, alla tristezza non ci crede nessuno!!), a casa a lavorare.
Rapida occhiata al portafoglio (la bee ha anche detto che avrebbe sovvenzionato parte del viaggio…quanta umanità in questa donna!), ci stiamo, rapida occhiata agli impegni di lavoro, tutto sospeso e allora, via in Croazia.
Sono andato a Rovigno- Rovinj, una terra con la storia speculare alla terra in cui vivo, l’Alto Adige Suedtirol, anche lì tutto bilingue, o quasi.
La cittadina è molto affascinante con la sua aria “veneziana” e anche il mare è pulito e pieno di vita.
Non conoscevo proprio la Croazia, e non avevo idea che potessero esserci posti di mare così verdi!
Il mare è sempre circondato da una fitta macchia mediterranea, ancora ben conservata e ricca di specie, e soprattutto PULITA!!
L’isoletta di S. Caterina, la nostra preferita, un vero gioiello verde, piantata presumibilmente all’inizio del secolo scorso con pini e cipressi, dove si respira ancora un po’ d’aria di vacanze fine 800 di sapore asburgico.
Devo dire che spiagge ce ne sono poche, è tutto uno scoglio, e le giornate con le mie due simpatiche canaglie non sono state proprio rilassanti (anche perché questi si tuffano senza problemi in mare aperto!), ma con la compagnia della zia-sitter è stato tutto più facile.
La zia veniva in spiaggia con un borsone tipo Mary Poppins, a prima vista mezzo vuoto, ma, all’occorrenza, non so da quale sottofondo segreto, tirava fuori pennarelli, foulard colorati, fogli …e subito, o quasi, gli animi si calmavano.
Le nuotate in cerca di gusci di ricci e le penniche pomeridiane post-prandiali (non avete idea che borsa frigo mi trascinavo dietro…i primi giorni) all’ombra dei pini e in compagnia delle lucertole che, impunite, spazzolavano le bricioline del pic nic, sono le cose che mi mancano di più.
Anche i gabbiani erano simpatici…il primo giorno: che bello essere svegliati dal richiamo dei gabbiani, fa molto vacanza marinara; secondo giorno: hehe, simpatici, in fondo è come essere in campagna dai nonni, ma coi tacchini sul tetto; dal terzo giorno: ma una ricetta di gabbiano al forno? ‘spetta che forse in internet la trovo!
Anche in spiaggia non ci mollavano, anzi c’era un tipetto sfacciato, max, che aveva imparato a beccare al volo pezzi dei nostri panozzi e che i miei figli volevano portarsi a casa, come gabbiano ammaestrato, fantasticando di girare per le piazze, organizzando spettacoli per amici e conoscenti.
Non bastassero i gabbiani veri, la sera mi dovevo anche cuccare l’imitazione dei gabbianini che danno il saluto della buona notte al gabbiano ciccione (indovinate chi era?).
La cucina locale è soprattutto cannibala (cosa che ai miei figli è piaciuta moltissimo), io mi sono gustato del buon pesce e un buonissimo baccalà in bianco (mantecato) di chiare origini venessiane. Onnipresente la salsa di peperoni, l’ajvar, piccante o dolce.
In pasticceria invece (no, perché pensavate che potessi esimermi da una visitina in pasticceria? ho una reputazione da mantenere!) si ritorna in Austria, strudel di mele, ricotta o papavero, krapfen…anche in panificio ho trovato delle buone cosine, le più buone credo siano gli slanac (purtroppo ho trovato solo la ricetta in croato, ma appena ho tempo mi lancio nella ricetta), dei panozzi all’olio lunghi e morbidissimi, che si vendono in coppia, ricoperti da scagliette di formaggio fuso, buoni sia col dolce che col salato (danno assuefazione, sono arrivato a pucciarli nel caffelatte!).
Avrei dovuto cimentarmi con una ricetta istriana ma non ne ho avuto ancora il tempo (la padrona di casa mi ha fatto assaggiare una torta di noci da urlo, era il suo compleanno, ma date le calorie, credo la proverò a Natale), quindi vi propongo questo ciambellone bignè, che ho fatto due settimane fa, con le more dell’orto dei nonni.
BIGNE’ A CIAMBELLA RIPIENO DI PANNA CIOCCOLATO BIANCO E MORE
Ho messo a bollire in un capiente pentolino dal fondo spesso 250 g di acqua, un pizzico di sale, un cucchiaino di zucchero e 50 g di burro.
Raggiunta l’ebollizione ci ho versato, tutti in una volta, 175 g di farina setacciata due volte e ho mescolato energicamente (conviene usare un cucchiaio di legno dal manico non troppo lungo, io in questi anni, facendo i bignè ci ho rimesso quattro o cinque cucchiai!) finché non si è formata una palla, che ho fatto rotolare nel pentolino finché sul fondo non si è formata una crosticina.
Ho messo la pasta, ancora calda, in una terrina e ci ho aggiunto 6 uova, una alla volta, mescolando energicamente, finché la pasta è risultata di un bel giallo lucido (se usate uova grandi forse ne bastano di meno, ma le uova delle galline di mia mamma sono piccine picciò).
Non scoraggiatevi se con le prime due uova la pasta sembra tutta a pezzettini, andate giù duri di cucchiaio e amalgamate un uovo alla volta, la pasta tornerà liscia e splendente!
Ho versato la pasta in una sacca da pasticcere col becco a stella grosso e ho formato un ciambellone avvolgendo le spire su una teglia imburrata e infarinata.
Via, in forno caldo a 200 per quasi una mezz’ora, poi ho sfornato e dopo qualche minuto ho tagliato in due la ciambella con un coltellino seghettato e ho lasciato raffreddare.
Nel frattempo ho montato 200 g di panna (di quella fresca eh!) l’ho dolcificata con un po’ di zucchero a velo e ci ho grattugiato dentro una tavoletta di cioccolato bianco.
Ho spalmato il ripieno sulla ciambella, ho decorato con una grandinata di more succose, e ho coperto con la parte superiore del bignè, in frigo per qualche minuto e poi una nevicata di zucchero a velo.
Saluti golosi cat