giardini d'inverno
Chi l’ha detto che il giardino in inverno, anche senza neve purtroppo, non riservi piccoli momenti gratificanti per i nostri occhi sempre a caccia di colori.
Con la luce tersa delle mattinate gelide, o con gli improvvisi tramonti, questo è il momento migliore per concentrarsi sulla forma degli alberi.
Osservare gli alberi in controluce, il massimo della fortuna è con la luna piena, mi trasmette un senso di forza pacata, di sicurezza, mi piace seguire col dito la direzione dei rami e poi è un grande esercizio per imparare a disegnarli!
Spesso la struttura di un singolo rametto, a volte la foglia stessa, ripropone all’infinito la struttura dell’albero (di questa osservazione dobbiamo essere grati a Goethe): i platani sono tutti un zig-zag, ad ogni gemma, il rametto cambia direzione; i salici contorti giapponesi
sono un groviglio di spirali e riccioli, i tigli sono molto ordinati, se lasciati crescere liberamente, hanno la chioma a forma di picche, i larici disegnano tendoni di pizzo, con un gioco di linee verticali tutte bitorzolute…le uniche piante un po’ inquietanti, che purtroppo mi tocca vedere ogni sera, sono i meli potati a filare; tronchi e rami capitozzati, rametti forzati e piegati, mi ricordano le illustrazioni della divina commedia e un racconto che mi passò mio cognato “il figlio degenere”, non chiedetemi altro! C’ho ancora gli incubi e vi assicuro che venire sfiorati pedalando, nel silenzio e nel buio assoluti della mia solita capezzagna, un po’ di sghega me la mettono.
Ma dicevo dei colori, è il momento per apprezzare le cortecce colorate.
Le mie preferite sono quelle rosse che, con l’umidità di certi pomeriggi, regalano al giardino suggestioni di barriera corallina (a proposito di spaesaggi, dovrei appendere al cornus dei pesciolini di metallo!).
I Cornus sono i più generosi: i Cornus sanguinea, hanno rami violetto e porpora scuro, i Cornus alba “Sibirica”dal ramo corallo, i Cornus stolonifera “Flaviramea” con rami nuovi dalla corteccia giallo ocra e i Cornus stolonifera “Kelsey”, più bassi, con la corteccia arancio brillante virante al salmone.
Tra gli alberelli, gli Acer “Sangokaku” hanno la corteccia corallo rosata, e i salici mettono in scena una collezione di gialli, arancio e verde acido, che fanno venire voglia di creare un giardino solo per loro, specialmente quando ha appena spiovuto, e intorno alla chioma nuda si accende una nebbiolina fosforescente, oppure quando si osserva la città con la schiena appoggiata al tronco di un salice piangente, protetti da una gabbia di dardi giallo oro.
Sia i cornioli che i salici, vanno potati proprio ora, per garantire sempre nuovi rami dalla corteccia più colorata, e i rami potati si possono mettere in vaso; sono allegri anche nudi, ma se avete pazienza, col tepore degli appartamenti, presto cacceranno foglioline verde tenero, giusto in tempo per farci l’albero di Pasqua!
Ancora un tocco di mare nel frutteto? A colorare l’inverno ci sono anche i licheni ( un po’alghe un po’ funghi). Misteriosi, giallo acido o arancio acceso, purtroppo non è facile scovarli in città, tra inquinamento e “cure eccessive”, ma se si sceglie la via dolce, e non ci si accanisce contro ogni pidocchietto tra le rose, forse, i più fortunati potranno godere dei loro colori.
Questi sono del frutteto dei nonni, e hanno trasformato i rami dei vecchi pruni abbandonati in bizzarri tentacoli legnosi.
Svelti! Ci è rimasto ancora poco tempo in giardino per goderci questi piccoli piaceri, i primi fiori sembra non possano più resistere, stanno letteralmente esplodendo e tra poco cattureranno tutta la nostra attenzione.
E adesso, tutta ‘sta natura non vi ha fatto venire un po’ di languorino?
Ho scoperto una nuova pasta phillo, buona buona, arrotolata e non spiegazzata e con dei fogli enormi! Hem di produzione greca (evabbè, non la compro spesso dai, non fatemi venire i sensi di colpa!).
Era da un po’ che l’occhio mi cadeva su un tortino di phillo, bulgur e…fegatini di pollo adocchiato su uno dei soliti libricini GU (mi dispiace ma sono in tetesko!), ma le rotelle del goloso quasi-vegetariano si sono subito messe in movimento e l’altra sera, in occasione di una cenetta informale per festeggiare la panza, (hem veramente il pirolino che la abita ancora per un po’), della mia amica “wlamoussedichicco” ho sfornato questo:
PASTICCIO DI BULGUR E LENTICCHIE ROSSE IN CROSTA DI PHILLOPASTA
Ho sciacquato 4 etti di bulgur pre-cotto e li ho lasciati scolare, ho messo a bollire 8 etti d’acqua con due cucchiaini rasi di sale e una nocciola di burro, ci ho tuffato il bulgur, ho portato nuovamente a bollore e ho lasciato gonfiare, a pentola coperta.
Nel frattempo ho sbucciato e tritato una grossa cipolla rossa, grattugiato due grosse carote con la grattugia a fori giganti e ho pulito e tritato un bel mazzo di coriandolo (la ricetta è partita tutta dal coriandolo, che finalmente ha fatto capolino anche al super!).
A parte ho lessato al dente un etto di lenticchie rosse decorticate, quelle che non hanno bisogno di ammollo.
In una padella larga e bassa ho messo a rosolare la cipolla, le carote e il coriandolo, con un po’ di olio evo e un pizzico di polvere d’aglio e peperoncino (ho scoperto che l’aglio in polvere lascia il gusto ma non…il retro-gusto in ufficio!) poi ho aggiunto dei filetti di pomodoro pescati dal loro succo, il bulgur, bello sgranato e le lenticchie scolate. Ho fatto insaporire per benino e ho messo a raffreddare.
In una pirofila unta d’olio ho steso 6 fogli di phillopasta, spennellandoli ad uno ad uno con olio evo emulsionato con un cucchiaio di latte (in tutto ho usato due cucchiai di olio per una pirofila gigante! Molto meglio della sfoglia! Sia per la panza che per il colesterolo); poi ho riempito con la farcia al bulgur e ho ripiegato i bordi dei fogli di pasta sulla superficie, spennellandoli bene. O infornato per mezz’ora, ho tagliato a fette tutte scrocchiarelle e, da quello che mi ha detto Ula Wlamou..anche il cosino l’ha apprezzato!
Ma che cena sarebbe stata senza un dolcetto?
Ula ci ha portato uno stollen di propria produzione, che giaceva in cantina, per noi, dalla vigilia di Natale…oh era ancora buono e fettina dopo fettina ce lo siamo spazzolato chiacchierando.
Ma la phillopasta era in confezione maxi e così HO DOVUTO fare uno
STRUDEL DI PERE E CARAMELLE MOUUU
Lo strudel di Phillo è una libidine per chi ama lo strudel croccante e sfogliato, e come per lo sformato, in tutto il dolce ho usato solo tre cucchiai di burro fuso.
Al mercato, al banchetto del contadino, ho preso delle belle perette “ruggine” che ho sciacquato e passato alla grattugia a fori giganti, con tutta la buccia, ho condito con una cucchiaiata di zucchero di canna integrale e un pizzico di chiodi di garofano.
Ho steso due fogli di phillo nella teglia, e ho spolverato il fondo con tre fette biscottate sbriciolate, vi ho appoggiato sopra le pere e…tocchettoni di caramelle mou, quelle polacche belle cicciotte (l’idea l’ho copiata da un programma padellaro austriaco!).
Ho avvolto alle pere la phillo molto delicatamente, spennellando ogni foglio di burro fuso e latte, fino ad ottenere uno strudel a mille foglie, ultima passata di burro e via, in forno caldo a 180° per 20’.
Spolverizzate di zucchero a velo, le fogliette della phillo sono una goduria, non vi dico i tocchi di mou con le pere!
Saluti golosi cat